martedì 14 dicembre 2010

Per liberare la società dallo strategismo pubblicitario che la tormenta e sta enormente rallentando il cammino della civiltà



Più lo vedo e più mi agghiaccia,
non so se per le frasi o la sua faccia.
Non so se per la musica assassina
o se per quell'assurda copertina.

Dall'inizio è sconvolgente
il veder lo sguardo assente
e quel suono fatto male
del messaggio al cellulare.

Dacché tutto era tragedia
lei si volta verso il libro ed ora è lieta
ci racconta della trama entusiasmante
mentre noi ci domandiamo che ci faccia lui sul fronte.

Come può persona sana e razionale
teorizzar di “strategia sentimentale”
e magari lo dicesse in questo modo
senza aggiunger “ismo” dove non è d'uopo

Come può una donna che si dice attrice
non saperlo pronunciar come si addice.
Come può ella stessa quasi tartagliare
mentre dice la parola “rallentare”.

Poi ci illustra lo spiacevole presagio
di un'intera razza umana decimata da un messaggio.
Ed infine, dopo tale serio excursus sul libello,
ella torna con sorriso soddisfatto e ci dice “quanto è bello”.

Come se lo avesse letto veramente
quando pure con il gobbo è un incidente.
E pensare che di tutte quelle scene
noi vediamo quella che è riuscita bene.

Il montaggio, i suoni, le atmosfere arcane...
sembra tutto fatto un po' a cazzo di cane.
Anche il titolo di cotanto autore
mi sconvolge che non sia Gli occhi del cuore.

Avrei detto, se ci avessi visto pregi,
che era un film di Bruno Liegi Bastonliegi.
Su una cosa non volevo esagerare, ma va detta:
Lei è una cagna maledetta!

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giovedì 9 dicembre 2010

SUV via!

A quanto pare c'è un tizio che da una vita ci osserva scalare le vette, ci vede lottare a denti stretti per raggiungere la cima e ammira la nostra ambizione e volontà. Vorrei dire a quest'uomo che, se scende un secondo dal SUV, posso reclutare facilmente diverse persone più alte di lui in grado di consigliarlo sul dove può mettersi la cima. Così poi vediamo se c'hai ancora voglia di guardarmi dall'alto. Toyota!



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mercoledì 1 dicembre 2010

The Walking Dead S.1 Ep.4. Vatoslapesca

Vado avanti, anche se sono indietro, perché tanto manca una puntata alla fine di questa prima serie e quando comincio qualcosa se non la finisco i sensi di colpa mi affliggono come dardi incandescenti togliendomi il sonno. A breve metterò anche il commento dell'episodio 5.
Il titolo dell'episodio 4 è stato lasciato nella sua versione originale, chissà... forse chi fa i titoli in italiano non se l'è sentita di stravolgere completamente qualcosa dal significato già di per sé dubbio e difficilmente comprensibile. Vatos è infatti un neologismo messicano che potremmo assimilare a “dudes” che a sua volta significa “cosi, persone, tizi”, ossia un modo confidenziale, un po' sornione e strafottente di chiamare gli altri, come a dire “hey tu, coso, tipo...”.
Nell'episodio precedente avevamo lasciato il nostro gruppetto ad Atlanta basito alla vista della mano mozzata di Merle lasciata sul tetto. Ora ci ritroviamo al campo base dove le due sorelle bionde, Andrea e Amy, pescano nel laghetto e rimangono anch'esse basite alla scoperta di una sconvolgente rivelazione riguardante il padre. Infatti, parlando di esche e mulinelli, esse realizzano che l'uomo ha insegnato loro, che hanno 12 anni di differenza, due tecniche di pesca completamente diverse, facendo credere ad ognuna di loro che quello fosse il solo sistema utilizzato anche da lui. E non finisce qui, infatti il padre ha abituato la più grande a mangiare il pescato e l'altra a pescare solo per sport e a ributtare i pesci in acqua. Le due si commuovono per la grande sensibilità di quest'uomo così attento, capace di cogliere le mille sfaccettature dei loro differenti caratteri e di comportarsi con loro di conseguenza e leggono in tutto ciò un grande insegnamento di vita. Ma forse costui era solo un doppiogiochista un po' ruffiano o più semplicemente uno che dopo 12 anni aveva deciso di aggiornare la sua tecnica di pesca e che, nauseato dalle grandi abbuffate di pesce che avevano caratterizzato tutti i suoi sabati in gioventù, aveva cominciato a pescare solo per il piacere di farlo, ributtando quindi i pesci in acqua. Fatto sta che quest'uomo a qualcosa è servito, perché con tutti questi metodi di pesca le probabilità di prendere pesci aumentano senz'altro e infatti le due fanno incetta di orate e al campo tutti le acclamano e si preparano per la frittura, mentre io mi domando come gli venga in mente in questa situazione di sprecare tutto quell'olio.
Nel frattempo un certo Jim è come in trance e scava compulsivamente delle fosse nel terreno senza sapere il perché, tanto che gli altri si innervosiscono e decidono di legarlo ad un albero perché i bambini, che il giorno prima hanno incontrato uno zombie nei boschi e che spesso assistono a violente mazzate tra i loro genitori (vedi Ep.3) e tra tutti gli altri, potrebbero spaventarsi alla vista di un uomo che scava fosse.
Nel frattempo ad Atlanta i nostri, come novelli pollicini, seguono le tracce di sangue lasciate dal moncherino di Merle e scoprono un'altra porta sul tetto dalla quale egli è riuscito a fuggire. Seguendo le goccioline di sangue incappano talvolta in qualche zombetto al quale sparano, preferibilmente una silenziosa freccia, in mezzo alla fronte. Cammina cammina, seguendo le goccioline, si ritrovano davanti una fiamma accesa e una lamina di metallo sozza di sangue, oggetti grazie ai quali deducono, non senza una certa sorpresa, che l'energumeno conosce persino l'esistenza del termine e della pratica della cauterizzazione. Proseguono, ma di Merle non v'è traccia.
Allora, sotto la direzione di Glenn, ex speedy pizza boy che se avesse avuto le possibilità per studiare sarebbe diventato il capo della NASA (e non per niente è il mio preferito), mettono su un piano molto ben concepito per il recupero della sacca con le armi. Persino Daryl alla fine riconosce le capacità di Glenn al quale esprime tutto il suo apprezzamento come solo lui sa fare: attraverso un complimento travestito da insulto razzista.
È a questo punto che compare un altro gruppetto. Sono giovani e ispanici e ovviamente sia i protagonisti che noi spettatori, razzisti come Daryl che però almeno lo dice, li individuiamo immediatamente come narcotrafficanti, induttori alla prostituzione, rapitori e venditori di bambini della peggior specie. I due gruppi si fronteggiano e alla fine Glenn finisce nelle mani di questi Vatos, mentre uno di loro viene preso dai nostri e un altro ancora si becca una freccia di Daryl in chiappa (probabilmente infetta, visto il modo in cui Daryl le ricicla). I due gruppi si incontrano per trattare. I Vatos fanno i duri, sono tanti, vivono in un rifugio tutti insieme e vogliono le armi. Ma una vecchietta arriva a rovinare tutto e a svelare la vera natura di questi delinquenti che in realtà non sono altro che un gruppo di uomini che proteggono un ospizio e gli anziani che sono stati abbandonati al suo interno nel fuggi fuggi generale. I capi di quella che credevamo essere una temibile banda non sono altro che un infermiere e il custode del suddetto ospizio. Una storia tenera tenera in cui compaiono anche dei chiwawa e che non può quindi non tirarti fuori un “che dolci....che carucci”. I gruppi si mettono d'accordo, si spartiscono le armi, poi si dividono e ognuno va per la sua strada.
La strada dei nostri è verso i binari sui quali hanno abbandonato il camion. Ma il camion non c'è più e il loro pensiero vola immediatamente a Merle. Ora, capisco che gli zombie non guidano e che di anime vive nei paraggi sembrano essercene pochine, ma da qui a pensare subito, come prima cosa, a un Merle che ha il grandissimo chiamiamola fortuna di scampare agli zombie, fuggire dalla città proprio in quella direzione, dove ci sono quei binari e quel camion, trovarlo, magari anche con le chiavi lasciate in faccia, e guidarlo al grido esultante di “guardate, con una mano solaaa” beh questo a me pare eccessivo e gratuito. A questo punto il pensiero va subito ai nostri campeggiatori e alla tremenda violenza che certamente Merle scaglierà su di loro.
I nostri cominciano a marciare di corsetta per tentare di raggiungere il campeggio e scongiurare l'orrenda vendetta dell'uomo. Nel frattempo si è fatta notte e al campo si ride, si scherza e si frigge a tutto spiano. Ma ecco che all'improvviso spuntano, senza emettere versi nè fare rumore alcuno, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e non so quanti altri zombie che mozzicano gente a destra e a manca e tutti strillano e corrono e al diavolo la frittura e tutto l'olio sprecato. Presto arrivano i nostri sfiancati dalla marcetta, ma per fortuna hanno le armi e sparando, prendendo a mazzate e boom, splat, scrosh, sbat gli zombie vengono annientati. Si piange, ci si abbraccia, si contano i morti (tra i quali ci sono quel cattivone che picchiava la moglie e Amy, la sorella che pescava e rigettava i pesci in acqua). Di Merle nessuna traccia.
Ammetto di aver pensato, nella mia ingenuità, che questa potesse essere la sua vendetta. La tremenda vendetta di Merle che riempie il camion di zombie e se li porta con sé per poi sguinzagliarli tutti al campo base... Me lo sono immaginato aprire i portelloni e convogliare gli zombie all'interno del camion come un branco di pecoroni ruotando le braccia e dicendo "Prego, entrate, bravi, così, non spingete che poi vi do a tutti un bel corpo vivo ripieno di sangue caldo". Terminata l'immane tragedia e l'olio per friggere, Jim, lo scavatore compulsivo, d'improvviso di fronte allo scempio di tutti quei corpi dilaniati ha un lampo di genio che gli riporta alla memoria il sogno premonitore che lo spinse a scavare le fosse.
Caro Jim, la prossima volta tieni blocchetto e matita sul comodino come insegna quella voce al telefono che interpreta i sogni nella trasmissione di Marzullo.

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