venerdì 9 luglio 2010

LA MIA NUOVA SFIGA IN CAMPAGNA


Può una persona “portare sfiga”, influenzando negativamente le situazioni della vita, con la sola sua presenza? Non so, può certamente metterci tutta sé stessa per riuscirci. Può cioè trascorrere i suoi giorni a ricordarti continuamente che la sfiga esiste ed è sempre pronta a colpire, deprimendoti e contribuendo senz'altro, se non a far in modo che le cose vadano storte, quantomeno a far sì che tu le veda così. Una persona del genere esiste. Il suo nome è George Clarke, il tizio col fard che conduce l'incommensurabile trasmissione “La mia nuova casa in campagna”. Mi rassicura scoprire quanti “matti”, in questa vita tutta chiacchiere e facebook, decidano di lasciare le loro casette a schiera e i loro lavori, degradanti ma remunerativi, per trovarsi quattro mura scrostate in una campagna inglese qualsiasi in cui spendere tutti i soldi che non hanno per il loro sogno bucolico di ausufficienza tra i ravanelli e lo sterco di vacca. Mi fa pensare che se dovesse girarmi potrei farlo pure io. Entrerei così a far parte di quell'esercito di uomini e donne che ogni giorno combatte contro le iatture propagate da George Clarke. Gente che rischia investendo i suoi soldi e la propria salute fisica e mentale perché vuole seminare l'insalata e vuole riuscire a farlo improrogabilmente entro Natale.
In una puntata una povera donna era talmente esaurita dal suo continuo avanti e indrè tra il suo lavoro, che aveva mantenuto per pagare la ristrutturazione, e la casa in costruzione tutta ravanelli e sterco, che si era schiantata con la macchina contro un palo perché, assorta nelle sue problematiche, aveva perso la concentrazione durante la guida. Ne era uscita incolume e sconvolta.
In un'altra un povero uomo sulla trentina, che aveva al suo attivo già due infarti, continuava a lavorare senza sosta per sistemare da solo una casa di tre piani, dormendo sì e no tre ore per notte. La moglie era preoccupatissima e lui bianco cianotico e tisico.

Ecco come Sky descrive la trasmissione di Discovery Real Time: "La mia nuova casa in Campagna segue le vicende di chi vuole abbandonare la vita di tutti i giorni per costruirsene una nuova in campagna. Ma non si tratta semplicemente di scambiare piccoli appartamenti di città con tranquilli cottage di campagna - (vuoi ripetere un'altra volta la parola “campagna”?) - : queste coppie hanno intenzione di creare le loro nuove abitazioni mettendo in pratica i loro progetti di restauro e modernizzazione. L’architetto George Clarke li accompagna in tutte le fasi fornendo loro esperti consigli e il supporto morale di cui le famiglie necessitano quando si trovano a dover superare vari ostacoli per poter finalmente iniziare a vivere nelle loro case dei sogni."

E menomale che ci sono i suoi esperti consigli e il suo supporto morale. A me sembra che l'architetto George Clarke arrivi come un picchio a intervalli regolari, con i suoi occhi di ghiaccio, il sorriso da orsetto del cuore, il fard e i suoi esperti consigli (che avrebbe potuto dare prima che queste persone facessero di testa loro), enunciando memento mori e foschi presagi a gente esaurita che da 6 mesi vive in una canadese in giardino: “la situazione non è molto cambiata dall'ultima volta. E voi vorreste trasferirvi per Natale? Avete già speso così tanto? Mike, come pensi di fare a portare avanti il lavoro da solo? Hai già avuto due infarti. Non hai pensato di contattare qualcuno che possa darti una mano? Certo costerebbe dei soldi che dovresti sottrarre al vostro già risicatissimo budget che siete lì lì per superare. Il tetto non è ancora finito. Certo potrebbe andar peggio, potrebbe piovere.”
Come si fa a lavorare in questo modo? A tentare di coronare il proprio bucolico sogno con un uomo che mensilmente ti viene a parlare di fondamenta, mentre tu sognante ammiri lo specchio che sei appena riuscito a montare nel tuo bagno che ancora non esiste? Immagino queste persone, intente nel loro cambiamento di vita, che ricevono la telefonata che gli preannuncia l'arrivo di George Clarke. Li immagino mentre si gettano sale alle spalle, si fanno il segno della croce, inveiscono contro di lui, si toccano. Poi indossano il loro sorriso migliore e al suo arrivo rispondono con esso a tutte le brutture che lui, sempre sorridendo, gli va ad elencare.
Ogni puntata però termina sempre con il lieto fine. Arriva il giorno in cui George Clarke va a fare la sua ultima visita. Mentre si aggira nei dintorni della casa comincia con il suo report finale: “l'ultima volta che sono stato qui, un mese fa, Mike era bianco cianotico e tisico e stava rischiando il suo quarto infarto a soli 35 anni. Aveva appena cominciato ad abbattere l'unico muro che era riuscito a costruire, perché il comune gli aveva negato il permesso. Dal tetto colava slimer e il pavimento gli stava crollando sotto i piedi. Mary era immersa nella melma fino alle ginocchia per l'esplosione delle fogne, non si era ancora decisa tra lo stile country e il vittoriano e aveva un gran mal di testa. Le loro risorse economiche erano allo stremo e i debitori gli stavano alle calcagna. Andiamo a vedere se sono riusciti a compiere il miracolo”. Arriva davanti alla casa, suona e Mike e Mary gli aprono in un tripudio di ordine, vasi di fiori, odore di vernice fresca e con lo stesso sorriso con cui hanno annuito per mesi in risposta ai suoi anatemi. Lui sconvolto comincia: “Wow, non ci posso credere. Un mese fa qui era tutto melma, slimer e probabili infarti... E guardate ora! Tu Mike hai perfino messo su 500 grammi e tu Mary, che faresti bene a perderli, vedo che non ti sei mai decisa infine tra il country e il vittoriano, ma hai trovato un ottimo compromesso tra i due stili. Come ci siete riusciti? Le vostre finanze erano esaurite ed eravate già pesantemente indebitati...”

“E' stata dura, ma ce l'abbiamo fatta. Per quanto riguarda le nostre finanze stiamo stringendo la cinghia, è vero. Certo non navighiamo nell'oro, ma siamo ripagati dal fatto che ogni giorno ci svegliamo, guardiamo questa casa e ci ripetiamo 'cavolo! Questa casa è nostra, l'abbiamo fatta noi ed è fantastica! Siamo riusciti a realizzare la casa dei nostri sogni, in tutto il suo mix di stile country e vittoriano, ravanelli, sterco di vacca e nostante quel menagramo portasfiga di George Clarke!”

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mercoledì 7 luglio 2010

L'ultimo bacio 2. La disdetta.

Ho due domande per Gabriele Muccino. Ma vediamo, perché potrebbero diventare 3, 4, addirittura 5.
Ieri sera ho visto Baciami ancora.
Intanto, mi dispiace, ma proprio non riesco ad accettare, pur trattandosi di finzione scenica, che uno dei personaggi protagonisti continui a chiamarsi Giulia e ad essere la stessa che era nel primo film, cambiando completamente i connotati del suo volto come accade in Beautiful (dove hanno oltrepassato ogni limite destabilizzando lo spettatore con ben tre facce di Thorne). Se qualcuno viene a dirmi che non è importante, perché il lavoro di attore consiste proprio in questo e cioè nell'immedesimarsi completamente in un personaggio e bla, bla, bla, io gli rispondo: ok, allora facciamoglielo fare ai Teletubbies il film, che tanto sono attori pure loro e saranno certamente ugualmente credibili. No, non ci sto!
Oltretutto non stiamo parlando di un remake ma del sequel di un film del 2001, non del 1936. Sarebbe stato di gran lunga più credibile se avessero giustificato il tutto con una cosa tipo questa: “Ciao Giulia, vedo che i risultati dell'operazione di chirurgia plastica cui ti sei sottoposta a causa dell'icidente che hai avuto quando, mentre eri isterica e parlavi troppo veloce (a causa di uno dei miei tanti tradimenti), ti è scoppiata la vena della fronte squarciandoti la faccia, migliorano di giorno in giorno. Prima somigliavi alla Mezzogiorno, ora a Elisa di Rivombrosa. Direi che non possiamo lamentarci, trattandosi comunque di due discrete figliole. L'importante è che adesso la vena della fronte che ti si gonfiava in fronte non ce l'hai più!”

Dunque la prima domanda è questa: perché?

La seconda è: perché nei tuoi film ci sono sempre un sacco di Giulie e di Valentine? E perché prediligi il suono della R, associato a quello della S, della T e della doppia C tanto da aver scelto, per ben due dei tuoi sette film (Come te nessumo mai e Ricordati di me), di utilizzare come cognome della famiglia protagonista in un caso Ristuccia e nell'altro Restuccia? Immagino che sia a causa del simpatico e accattivante suono romano di quella doppia CC e sopratutto della fine in “UCCIA”, che fa molto famiglia della zona Trieste con una casa piena di libri e i figli trasandaparioli col motorino sgarrupato.

Ma la domanda che più mi attanaglia dal giorno in cui vidi per la prima volta un tuo film è la seguente: perché tutti i tuoi personaggi parlano come se avessero appena espulso la milza dalla bocca correndo i diecimila metri? Perché sussurrano ansimando come se qualcuno gli avesse appena staccato un respiratore? Perché deglutiscono e singultano e poi ricominciano ad ansimare, ma stavolta urlando e dialogando a una velocità tale che mi fa pensare che da qualche parte stia per suonare un gong a indicare che il tempo a loro diposizione è scaduto? Perché capisco una parola su quattro? Forse perché appunto prima sussurrano e allora io alzo, ma poi si mettono a strillare e allora abbasso? Ma perché devo metterci lo stesso impegno di quando guardo un film in lingua straniera? Ma non è che la gente penserà che a Roma siamo tutti così? Perché mi deve venire la tachicardia e devo avere problemi ad addormentarmi? No cioè guarda non va proprio bene adesso tu mi stai a sentire hai capito? Perché te non hai proprio capito, hai capito? Guarda mi fai venire l'agitazione, mi mi mi mi sento soffocare! Adesso tu prendi le tue cose e te ne vai hai capito? E non ti fai rivedere mai più hai capito? Ah ah ah (sto ansimando)... sei un bastardo, ti odio HAI CAPITO???? (sto urlando). Ti è venuta l'ansia? Di la verità dai.

Comunque, dato che non mi aspetto nessuna risposta da te, sarò io a sussurrarti ansimando un segreto: la gente comune non parla tutta come te e tuo fratello... Cioè magari qualcuno sì, per carità, ma mi pare strano che in questo gruppo di amici e conoscenti da te rappresentato si siano trovati proprio tutti quelli che parlano in questa bizzarra maniera. Comunque mi sei simpatico e hai il mio massimo rispetto, se non altro perché come te nessuno mai mi provocò tanta ansia con un film. Salutami Santamaria (pace all'anima sua) e Favino, che anni fa di tanto in tanto vedevo aggirarsi nel dipartimento di Storia dell'Arte da me frequentato all'Università La Sapienza, e che comunque con la sua interpretazione è stato in grado di farmi sorridere in più di un'occasone, tra un attacco di panico e l'altro. Salutami anche l'Impacciatore che è brava. I due protagonisti principali invece non me li salutare, tanto saranno impegnati a tradirsi reciprocamente per aumentare la loro autostima, utilizzando come vittime sacrificali i loro poveri e inconsapevoli amanti che verranno puntualmente scaricati al grido sussurrato e ansimante di “scusami, ma volevo solo vedere l'effetto che faceva e al contempo far rosicare un po' mia moglie/mio marito e sentirmi un tipo dalla vita tormentata. Siamo fatti per stare insieme noi due, tutti gli altri non contano niente. E come avrai certamente capito fra questi 'tutti gli altri' ci sei anche tu. Ciao.”

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