martedì 14 dicembre 2010

Per liberare la società dallo strategismo pubblicitario che la tormenta e sta enormente rallentando il cammino della civiltà



Più lo vedo e più mi agghiaccia,
non so se per le frasi o la sua faccia.
Non so se per la musica assassina
o se per quell'assurda copertina.

Dall'inizio è sconvolgente
il veder lo sguardo assente
e quel suono fatto male
del messaggio al cellulare.

Dacché tutto era tragedia
lei si volta verso il libro ed ora è lieta
ci racconta della trama entusiasmante
mentre noi ci domandiamo che ci faccia lui sul fronte.

Come può persona sana e razionale
teorizzar di “strategia sentimentale”
e magari lo dicesse in questo modo
senza aggiunger “ismo” dove non è d'uopo

Come può una donna che si dice attrice
non saperlo pronunciar come si addice.
Come può ella stessa quasi tartagliare
mentre dice la parola “rallentare”.

Poi ci illustra lo spiacevole presagio
di un'intera razza umana decimata da un messaggio.
Ed infine, dopo tale serio excursus sul libello,
ella torna con sorriso soddisfatto e ci dice “quanto è bello”.

Come se lo avesse letto veramente
quando pure con il gobbo è un incidente.
E pensare che di tutte quelle scene
noi vediamo quella che è riuscita bene.

Il montaggio, i suoni, le atmosfere arcane...
sembra tutto fatto un po' a cazzo di cane.
Anche il titolo di cotanto autore
mi sconvolge che non sia Gli occhi del cuore.

Avrei detto, se ci avessi visto pregi,
che era un film di Bruno Liegi Bastonliegi.
Su una cosa non volevo esagerare, ma va detta:
Lei è una cagna maledetta!

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

giovedì 9 dicembre 2010

SUV via!

A quanto pare c'è un tizio che da una vita ci osserva scalare le vette, ci vede lottare a denti stretti per raggiungere la cima e ammira la nostra ambizione e volontà. Vorrei dire a quest'uomo che, se scende un secondo dal SUV, posso reclutare facilmente diverse persone più alte di lui in grado di consigliarlo sul dove può mettersi la cima. Così poi vediamo se c'hai ancora voglia di guardarmi dall'alto. Toyota!



Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

mercoledì 1 dicembre 2010

The Walking Dead S.1 Ep.4. Vatoslapesca

Vado avanti, anche se sono indietro, perché tanto manca una puntata alla fine di questa prima serie e quando comincio qualcosa se non la finisco i sensi di colpa mi affliggono come dardi incandescenti togliendomi il sonno. A breve metterò anche il commento dell'episodio 5.
Il titolo dell'episodio 4 è stato lasciato nella sua versione originale, chissà... forse chi fa i titoli in italiano non se l'è sentita di stravolgere completamente qualcosa dal significato già di per sé dubbio e difficilmente comprensibile. Vatos è infatti un neologismo messicano che potremmo assimilare a “dudes” che a sua volta significa “cosi, persone, tizi”, ossia un modo confidenziale, un po' sornione e strafottente di chiamare gli altri, come a dire “hey tu, coso, tipo...”.
Nell'episodio precedente avevamo lasciato il nostro gruppetto ad Atlanta basito alla vista della mano mozzata di Merle lasciata sul tetto. Ora ci ritroviamo al campo base dove le due sorelle bionde, Andrea e Amy, pescano nel laghetto e rimangono anch'esse basite alla scoperta di una sconvolgente rivelazione riguardante il padre. Infatti, parlando di esche e mulinelli, esse realizzano che l'uomo ha insegnato loro, che hanno 12 anni di differenza, due tecniche di pesca completamente diverse, facendo credere ad ognuna di loro che quello fosse il solo sistema utilizzato anche da lui. E non finisce qui, infatti il padre ha abituato la più grande a mangiare il pescato e l'altra a pescare solo per sport e a ributtare i pesci in acqua. Le due si commuovono per la grande sensibilità di quest'uomo così attento, capace di cogliere le mille sfaccettature dei loro differenti caratteri e di comportarsi con loro di conseguenza e leggono in tutto ciò un grande insegnamento di vita. Ma forse costui era solo un doppiogiochista un po' ruffiano o più semplicemente uno che dopo 12 anni aveva deciso di aggiornare la sua tecnica di pesca e che, nauseato dalle grandi abbuffate di pesce che avevano caratterizzato tutti i suoi sabati in gioventù, aveva cominciato a pescare solo per il piacere di farlo, ributtando quindi i pesci in acqua. Fatto sta che quest'uomo a qualcosa è servito, perché con tutti questi metodi di pesca le probabilità di prendere pesci aumentano senz'altro e infatti le due fanno incetta di orate e al campo tutti le acclamano e si preparano per la frittura, mentre io mi domando come gli venga in mente in questa situazione di sprecare tutto quell'olio.
Nel frattempo un certo Jim è come in trance e scava compulsivamente delle fosse nel terreno senza sapere il perché, tanto che gli altri si innervosiscono e decidono di legarlo ad un albero perché i bambini, che il giorno prima hanno incontrato uno zombie nei boschi e che spesso assistono a violente mazzate tra i loro genitori (vedi Ep.3) e tra tutti gli altri, potrebbero spaventarsi alla vista di un uomo che scava fosse.
Nel frattempo ad Atlanta i nostri, come novelli pollicini, seguono le tracce di sangue lasciate dal moncherino di Merle e scoprono un'altra porta sul tetto dalla quale egli è riuscito a fuggire. Seguendo le goccioline di sangue incappano talvolta in qualche zombetto al quale sparano, preferibilmente una silenziosa freccia, in mezzo alla fronte. Cammina cammina, seguendo le goccioline, si ritrovano davanti una fiamma accesa e una lamina di metallo sozza di sangue, oggetti grazie ai quali deducono, non senza una certa sorpresa, che l'energumeno conosce persino l'esistenza del termine e della pratica della cauterizzazione. Proseguono, ma di Merle non v'è traccia.
Allora, sotto la direzione di Glenn, ex speedy pizza boy che se avesse avuto le possibilità per studiare sarebbe diventato il capo della NASA (e non per niente è il mio preferito), mettono su un piano molto ben concepito per il recupero della sacca con le armi. Persino Daryl alla fine riconosce le capacità di Glenn al quale esprime tutto il suo apprezzamento come solo lui sa fare: attraverso un complimento travestito da insulto razzista.
È a questo punto che compare un altro gruppetto. Sono giovani e ispanici e ovviamente sia i protagonisti che noi spettatori, razzisti come Daryl che però almeno lo dice, li individuiamo immediatamente come narcotrafficanti, induttori alla prostituzione, rapitori e venditori di bambini della peggior specie. I due gruppi si fronteggiano e alla fine Glenn finisce nelle mani di questi Vatos, mentre uno di loro viene preso dai nostri e un altro ancora si becca una freccia di Daryl in chiappa (probabilmente infetta, visto il modo in cui Daryl le ricicla). I due gruppi si incontrano per trattare. I Vatos fanno i duri, sono tanti, vivono in un rifugio tutti insieme e vogliono le armi. Ma una vecchietta arriva a rovinare tutto e a svelare la vera natura di questi delinquenti che in realtà non sono altro che un gruppo di uomini che proteggono un ospizio e gli anziani che sono stati abbandonati al suo interno nel fuggi fuggi generale. I capi di quella che credevamo essere una temibile banda non sono altro che un infermiere e il custode del suddetto ospizio. Una storia tenera tenera in cui compaiono anche dei chiwawa e che non può quindi non tirarti fuori un “che dolci....che carucci”. I gruppi si mettono d'accordo, si spartiscono le armi, poi si dividono e ognuno va per la sua strada.
La strada dei nostri è verso i binari sui quali hanno abbandonato il camion. Ma il camion non c'è più e il loro pensiero vola immediatamente a Merle. Ora, capisco che gli zombie non guidano e che di anime vive nei paraggi sembrano essercene pochine, ma da qui a pensare subito, come prima cosa, a un Merle che ha il grandissimo chiamiamola fortuna di scampare agli zombie, fuggire dalla città proprio in quella direzione, dove ci sono quei binari e quel camion, trovarlo, magari anche con le chiavi lasciate in faccia, e guidarlo al grido esultante di “guardate, con una mano solaaa” beh questo a me pare eccessivo e gratuito. A questo punto il pensiero va subito ai nostri campeggiatori e alla tremenda violenza che certamente Merle scaglierà su di loro.
I nostri cominciano a marciare di corsetta per tentare di raggiungere il campeggio e scongiurare l'orrenda vendetta dell'uomo. Nel frattempo si è fatta notte e al campo si ride, si scherza e si frigge a tutto spiano. Ma ecco che all'improvviso spuntano, senza emettere versi nè fare rumore alcuno, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e non so quanti altri zombie che mozzicano gente a destra e a manca e tutti strillano e corrono e al diavolo la frittura e tutto l'olio sprecato. Presto arrivano i nostri sfiancati dalla marcetta, ma per fortuna hanno le armi e sparando, prendendo a mazzate e boom, splat, scrosh, sbat gli zombie vengono annientati. Si piange, ci si abbraccia, si contano i morti (tra i quali ci sono quel cattivone che picchiava la moglie e Amy, la sorella che pescava e rigettava i pesci in acqua). Di Merle nessuna traccia.
Ammetto di aver pensato, nella mia ingenuità, che questa potesse essere la sua vendetta. La tremenda vendetta di Merle che riempie il camion di zombie e se li porta con sé per poi sguinzagliarli tutti al campo base... Me lo sono immaginato aprire i portelloni e convogliare gli zombie all'interno del camion come un branco di pecoroni ruotando le braccia e dicendo "Prego, entrate, bravi, così, non spingete che poi vi do a tutti un bel corpo vivo ripieno di sangue caldo". Terminata l'immane tragedia e l'olio per friggere, Jim, lo scavatore compulsivo, d'improvviso di fronte allo scempio di tutti quei corpi dilaniati ha un lampo di genio che gli riporta alla memoria il sogno premonitore che lo spinse a scavare le fosse.
Caro Jim, la prossima volta tieni blocchetto e matita sul comodino come insegna quella voce al telefono che interpreta i sogni nella trasmissione di Marzullo.

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

sabato 20 novembre 2010

The Walking Dead S.1 Ep. 3. Papà è tornato, lo sanno anche le rane.

D'ora in poi farò un arbitrario mix tra il titolo originale dell'episodio e la sua arbitraria traduzione in italiano per farne uno che ci accontenti un po' a tutti.
Che dire di Tell it to the frogs/Bentornato papà... Come ho già espresso in altro luogo, c'è senz'altro tensione ed è senz'altro ben resa, ma come potrebbe non esserci? Ci sono gli zombie, le città abbandonate, le strade deserte, il buio e il silenzio dai quali potrebbero apparire esseri immondi da un momento all'altro, c'è una razza umana praticamente decimata, c'è la nostalgia delle vecchie abitudini e la consapevolezza che potrebbero non tornare mai più, c'è poco cibo, talmente poco da pensare di poter mangiare rane e scoiattoli e, come dicono le donne sghignazzando mentre lavano i panni, non ci sono più vibratori... Come potrebbe dunque non esserci tensione in questo panorama ansiogeno e al contempo desolante?
Il premio per il miglior attore lo do al ragazzino e al crollo psicologico che si manifesta in lui quando le sue amichette messicane salutano il loro papà e lui non ha ancora visto che c'è anche il suo. Davvero bravissimo mentre la madre tenta di consolarlo. D'altro canto proprio lei, la madre, si merita il teleratto per l'interpretazione peggiore e qui non posso fare a meno di usare le parole scritte in un forum da un certo Tommy_monaghan il quale a ragione asserisce: l'attrice che interpreta la moglie del vice sceriffo ha l'espressività di una cerva illuminata dai fari prima di essere investita.” In effetti la sua reazione alla vista di Rick non mi parve proprio la reazione di una alla quale hanno detto, mentendo, che il marito è morto...Capisco l'iniziale stupore, ma poi un pizzico di sana euforia? Infatti nel corso dell'episodio scopriamo che il miglior amico e stimato collega del vice sceriffo ha ritenuto opportuno far credere al figlio e alla moglie del suo miglior amico e stimato collega che costui fosse morto, un po' per farli fuggire in fretta dalla città, un po' per farsi lei.
Il premio per la battuta più inutile e ingiustificata va alla scena in cui l'asiatico Gleen (il mio favorito per ora) arriva al campo con la macchina di Hazzard e dice che stanno tutti bene tranne Merle (alludendo al suo abbandono sul tetto), fatto del quale egli non poteva saperne proprio nulla visto che, mentre gli altri si precipitavano di sotto per salire sul camion lasciando lì l'energumeno, lui era intento a sgommare in giro per allontanare gli zombie dal centro commerciale.
Gradevole diversivo quello di uno sparuto zombie che riesce ad arrivare nei pressi del campo base e viene sorpreso a piluccare un cervo. Lo zombie viene facilmente annientato dal gruppo che non vedeva l'ora di annientare a mazzate chicchessia. Il vecchio saggio gli taglia via la testa con un'accetta, ma essa continua a smascellare e fare versi dato che il “problema” è nel cervello. A questo punto, anche se una testa senza gambe non può fare granché a parte addentarti un tallone, il fratello di Merle, da poco spuntato dalle fratte rischiando il linciaggio, decide che è meglio per sicurezza piantargli in testa una freccia di balestra. Il violento e irascibile uomo (che ancora non sa nulla della situazione del fratello e sulla cui reazione tutti già si interrogano) si indigna costatando che il cervo, che aveva centrato con la sua balestra, è tutto sbocconcellato dallo zombie e allora chiede agli altri se non si possa eliminare la parte in questione e mangiare il resto, come si fa con lo strato di muffa sulla marmellata e con le mele bacate. Gli altri gli fanno notare che anche in questo caso forse è meglio non rischiare e lui per tutta risposta si riprende le frecce e se le rimette in saccoccia. Certo che se continua a riutilizzare le stesse frecce che pianta in testa agli zombie per cacciare la selvaggina mi sa che le regole base dell'igiene non gli sono ancora del tutto chiare.
Ma arriviamo al dunque, Rick, il fratello di Merle, il nero ciccionetto e Gleen decidono di andare a recuperare armi, bagagli e Merle ad Atlanta, nonostante le perplessità del resto del gruppo che lo lascerebbe volentieri lì dov'è. Nel frattempo Merle alterna preghiere a bestemmie mentre gli zombie tentano di sfondare la porta che li separa dal tetto e si agita come un capitone nel tentativo di raggiungere l'agognato seghetto.
Nel campo, il migliore amico e stimato collega di Rick vuole insegnare al figlio del suo migliore amico e stimato collega i segreti della pesca delle rane, ma sopraggiunge la madre, per niente contenta delle frequentazioni del ragazzino che viene richiamato all'ordine. La donna discute con il suo ex amante di quanto sia stato idiota e bastardo a dirle che il marito era morto. Lui è molto frustrato per la recente perdita del suo status di pater familias, ma troverà presto un modo pratico e veloce per sfogare tutta la sua rabbia travestendola da giustizia sociale. Infatti, sull'altra sponda del laghetto le donne stanno lavando i panni e facendo l'elenco di ciò che gli manca della loro serena e tranquilla vita precedente quando, mentre sghignazzano per aver inserito nell'elenco anche i vibratori, arriva lo scontroso marito di una di loro la prende a schiaffi. Subito sopraggiunge l'ex poliziotto che così può gonfiare di botte fino allo sfinimento lo scontroso, violento e maschilista individuo.
Ad Atlanta il gruppo lascia il camion alle porte della città su dei comodi binari del treno. Arrivano sul tetto, rompono con la tenaglia la catena che tiene chiusa la porta e cosa trovano? La mano di Merle e la manetta insanguinata.
Ora... Primo: dove mai sarà Merle visto che la porta è chiusa? Si è calato con una corda dal trentesimo piano? Secondo: come mi ha fatto argutamente notare la cara Perla che saluto e ringrazio, perché non si è segato solo un pollice (e un pollice di Merle non è cosa da poco)? Terzo: se uno c'ha la forza, anche psicologica, per segarsi un osso e tutto quello che c'è intorno, come può non averne per segare un tubo di ferro arrugginito grande quanto un cannolicchio? E perché alla fine del terzo episodio il protagonista non ha ancora chiesto nulla sull'eziologia del fenomeno? Perché non chiede alla moglie quanto tempo è passato dal loro ultimo incontro? Per quale motivo vanno a prendere l'acqua con la jeep (sprecando benzina preziosa) quando sono accampati ai bordi di un laghetto in cui ci lavano i panni e ci pescano le rane? Ma sopratutto, che fine ha fatto la bomba a mano che Rick si mette in tasca nel secondo episodio? Sarà stata lavata con tutta la divisa dalla gentile e zelante signora?... STATE LONTANI DALLA LAVATRICE!

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

martedì 9 novembre 2010

The Walking Dead S.1 Ep. 2. Morti che camminano VS vivi che corrono.

"FUGGI DA ATLANTA, NON PER ATLANTA MA PER GLI ATLANTICI"

Il gruppetto di gente accampata alle porte della città sta svolgendo le sue mansioni quotidiane: c'è chi aggiusta un motore senza attrezzi né pezzi di ricambio, chi sta di vedetta e chi va a funghi. Chi va a funghi è Lori, la moglie del protagonista. Lori si addentra nei boschi con il suo bel cestino rosso e qui, nella folta vegetazione, il fruscio del fogliame e i battiti di ali di un volatile creano momenti di forte tensione con lei che si voltà di là e si gira di qua, mentre le inquadrature dal basso ci mostrano repentinamente le foglie di qua, le fronde di là e le fratte di su, riportandoci per un istante agli indimenticabili momenti dei sussurri nella giungla dell'isola. La verità è che la donna si sta preoccupando per niente. Infatti ha un appuntamento con il suo nuovo compagno di disavventure, nonché migliore amico e stimato collega di suo marito, per stare un po' in intimità. Lui pensa che una tale cornice e il clima rilassato e sereno che c'è in questo momento della loro vita siano l'ideale per un bello scherzetto. Così le piomba addosso tappandole la bocca e lei, dopo un principio di infarto, si toglie la catenina che porta al collo in memoria del marito per avere un rapporto fisico con Shane dimenticandosi completamente dei funghi, sia di quelli che si mangiano che di quelli che si attaccano.

Nel frattempo ad Atlanta la voce nel carro armato dà a Rick le coordinate GPS sulla direzione in cui correre una volta che sarà uscito dal mezzo. E così, dopo uno slalom tra gli zombie e una decina di pallottole in testa, Rick si incontra nel luogo stabilito con un nuovo asiatico amico che si chiama Glenn, un po' Miles, un po' ragazzino cinese dei Goonies. Tramite walkie talkie Glenn chiede aiuto a due alleati che, avvolti fino alla testa di tuta nera e nastro adesivo, escono da una porticina per prendere a mazzate in testa alcuni zombie e consentire a Rick e Glenn di penetrare all'interno del centro commerciale in cui il gruppo si è rifugiato (Romero insegna). Che poi, diciamoci la verità, è un po' il sogno segreto di tutti, passare qualche giorno in un centro commerciale per abbuffarsi al supermercato, provarsi tanti vestiti e dormire in un letto in vetrina come fa Heather Parisi in Grandi Magazzini.

Dopo un'iniziale incomprensione, in cui una tipa si presenta a Rick puntandogli una pistola in testa e accusandolo di aver fatto troppo casino e di aver attirato irrimediabilmente l'attenzione degli zombie, il nostro protagonista fa la conoscenza degli altri componenti del gruppo, i quali non sono altro che alcuni membri dell'accampamento alle porte della città in cui risiedono, ovviamente all'insaputa di Rick, anche sua moglie, suo figlio e il suo miglior amico e stimato collega.
L'occasione per fare di Rick la guida spirituale della combriccola si presenta ben presto. Infatti lo spocchioso gradasso del gruppo si diverte a sparare dal tetto in testa agli zombie, che oramai circondano l'edificio, e siccome un ciccionetto di colore gli dà dell'idiota ne deriva un brutto diverbio razziale e un sacco di botte che si risolvono con l'intervento di Rick che ammanetta lo spocchioso gradasso a un tubo di ferro arruginito della circonferenza di un cannolicchio (il che mi fa pensare che costui non resterà lì per sempre). Nel fare ciò il vicesceriffo tiene un bel discorsetto sul fatto che è necessario restare uniti e collaborativi e che proprio non serve un mettitore di zizzania, citando, mi spiace ripetermi ma è proprio così, la celebre filosofia Lostiana del “live together or die alone”.

Dopo aver seguito il consiglio dell'ex impiegata all'ufficio del catasto (non c'è niente da ridere, è proprio così!) il gruppo lascia sul tetto l'ammanettato e si reca nei locali sottostanti alla ricerca di un accesso diretto alle fogne che secondo l'impiegata sarebbe caratteristico in quel tipo di edifici. Ovviamente lo trovano e ovviamente, mentre due di loro si calano per verificare dove conduca, sempre detestando ripetermi ma non potendo farne a meno, tutto mi riporta alla discesa nella Stazione Cigno dalla botola di Lost. Di sotto però non ci sono che topi ed essendoci topi c'è anche uno zombie che se li mangia, fortunatamente dietro una grata chiusa che conduce alla vera e proprio rete fognaria.

I due tornano dagli altri ad escogitare un nuovo sistema per riuscire a fuggire dalla città e ritornare al campo base con i viveri prelevati al supermarket, che poi è il vero motivo del loro viaggio di affari ad Atlanta. E qui si presenta un'altra occasione per consolidare il nuovo status di guida dell'ultimo arrivato Rick, il quale ha un'idea davvero geniale: "Gli zombie ci riconoscono dai rumori e dall'odore, perché loro puzzano di cadavere e noi no. Puzzeremo che accoreremo e ci muoveremo con calma fra di loro nel tentativo di raggiungere il deposito di camion che si vede dal tetto."
Così il gruppetto si rivolge al cadavere di zombie più vicino e se lo porta dentro, qui Rick preleva il portafogli dalle tasche della vittima e indice un minuto di raccoglimento per leggere quale fosse il nome di questo zombie da vivo, quanti anni avesse e da dove venisse (la stessa cosa che accade in Lost quando decidono di seppellire le vittime dello schianto aereo e di dire due parole su ognuno prendendo spunto dai documenti, dalle foto e dal contenuto dei loro bagagli. Di nuovo Lost.)
Terminato il funerale, comincia la festa e così i nostri, vestiti da bidelli, cominciano a prendere a colpi di accetta quel povero corpo tra versi di schifo, rumori nauseabondi di spappolii e qualcuno che giustamente vomita. E pensare che poco prima, per uscire un attimo a dare due mazzate in testa a quattro zombie, si erano avvolti interamente nella felpa e nel nastro adesivo, mentre adesso maneggiano la poltiglia ottenuta raccomandandosi semplicemente di non farla entrare in contatto con la pelle e gli occhi, protetti soltanto da un grembiule e dei guanti di gomma da massaia...
Tritato finemente il tutto, il gruppo aiuta Rick e Glenn a spalmarsi di frattaglie e a sistemarsi pezzi di intestino intorno al collo a mò di sciarpetta vintage. In questo modo, non solo danno un senso alla volontà di donare gli organi del pover'uomo (volontà ironicamente ricordata poco prima insieme ai suoi dati anagrafici), ma danno un senso anche al titolo originale dell'episodio che in effetti è “Guts” che significa appunto budella, interiora ma anche fegato nel senso di coraggio e al quale in Italia, invece di tradurlo con un semplicissimo “Fegato” appunto, hanno preferito incomprensibilmente il titolo di “Una via d'uscita”. Bah.

Spalmati di melma i due escono dall'edificio e, camminando come zombie tra gli zombie ossia lenti, sbilenchi e maleodoranti, riescono a raggiungere il deposito di automezzi con i mortiviventi oramai alle calcagna, visto che nel frattempo è sopraggiunta la pioggia a lavare via un po' di melma e un po' di puzza. Fortuna vuole che i due trovino subito l'armadietto contente le varie chiavi, nonchè il camion corrispondente alla chiave che hanno preso loro che, grazie al cielo, ha pure la benzina. Subito dopo si fermano per strada e prendono in prestito una macchina qualsiasi che Rick accende con i cavetti (ma non poteva dirlo prima che sapeva accendere le macchine con i cavetti?) in modo che Glenn possa guidarla per distrarre gli zombie con inchiodate e sgommamenti, mentre l'altro tenta di raggiungere indisturbato il centro commerciale per prelevare il resto del gruppo. Resto del gruppo che nel frattempo sta scendendo in fretta e furia dal tetto, fregandosene del tipo ammanettato che urla e strepita di non abbandonarlo muovendo a compassione il ciccionetto di colore che, tornando indietro a liberare colui che lo aveva insultato e picchiato, inciampa nella cassetta degli attrezzi e si lascia sfuggire la chiave delle manette che centra perfettamente, manco fosse Tiger Woods, il buchino di un comignolo lì presente. E allora quello ricomincia a insultarlo e il ciccionetto scappa via dicendo che non è colpa sua, ma deve andare sennò gli altri lasciano lì pure lui. Solo che andando via è nuovamente mosso dalle urla dell'energumeno e allora decide di chiuderlo fuori mettendo il lucchetto alla porta che conduce al tetto. Non mi è chiaro se il ciccionetto chiuda la porta per evitare che eventuali zombie possano raggiungere l'ammanettato o se voglia invece chiudere fuori l'ammanettato stesso per paura che possa un giorno liberarsi, rincorrerlo e gonfiarlo di botte nuovamente.

Conclusione: il ciccionetto e il resto del gruppo salgono sul camion con gli zombie dietro dietro che nel frattempo sono riusciti a penetrare nell'edificio spaccando una vetrina con una pietra (dunque anche loro così stupidi non sono); Glenn fugge anche lui dalla città sgommando come un matto con la sua macchina rubata perché oramai ci ha preso gusto; l'energumeno ammanettato aspetta di “die alone” sul tetto, visto che non è stato in grado di “live together”, ma per quanto riguarda quest'ultimo qualcosa mi dice che inciampando nella scatola degli attrezzi il ciccionetto abbia avvicinato all'amanettato il seghetto con il quale forse riuscirà a liberarsi da quel tubo cannolicchio e magari a tornare al campo base portando con sè vendetta, atrocità, terremoto e tragedia, ira di Dio, laco di sancue ecc ecc.

Siamo giunti alla fine del secondo episodio e il protagonista che, vorrei ricordare, ha una granata inutilizzata nella tasca dei pantaloni, non ha ancora chiesto nulla su eziologia del fenomeno, giorno, mese, anno o qualunque altro tipo di informazione egli possa ottenere da una qualunque persona che non abbia passato l'ultimo periodo in coma.

La produzione ha confermato una seconda serie di 13 puntate. Paura eh?

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

venerdì 5 novembre 2010

Morti viventi VS vivi morenti

Ho visto il pilot di The Walking Dead. Un vicesceriffo, stressato e insoddisfatto a causa di una moglie che non se lo fila quanto lui vorrebbe, sta svolgendo il suo lavoro di paladino della giustizia in un normale giorno come tanti, quand'ecco che un malvivente lo coglie alla sprovvista ferendolo gravemente durante un conflitto a fuoco. Egli va in coma. Per quanto tempo non è dato saperlo, probabilmente qualche mese. Che si tratti di qualche mese è intuibile dal fatto che sul comodino del comatoso è presente un mazzo di fiori, ormai secchi, che sappiamo essere lì dal giorno in cui il suo miglior amico e stimato collega, probabilmente poco dopo l'incidente, si recò a fargli visita. Il comatoso sembra avere una sorta di sfocato “ricordo” di questa visita che mi ha fatto pensare a quei sogni in cui vorresti parlare ma non riesci ad emettere suoni, vorresti correre ma sei come paralizzato, vedi qualcosa ma non puoi aprire gli occhi abbastanza... Insomma l'uomo si desta dal suo coma sognando l'amico che gli parla maneggiando questi fiori.
Si volta farneticando qualcosa, ma nessuno veglia al suo capezzale. Sul suo comodino vi sono però i fiori secch. Egli ne tocca uno e lo stacca dal mazzo. Dunque i fiori secchi non sono di quel secco che lo tocchi e si disfa, ma piuttosto di quel secco che ha ancora una sua consistenza e per staccare un fiore devi tirare un po'. Ecco perchè sono passati mesi e non anni.

E qui, mentre mi perdo in tali assurde inutilità, mi accorgo che Lost mi ha veramente rovinato la vita. Infatti, non solo mi ha delusa all'ultima puntata lasciandomi nella discochiesa con mille domande e nessuna risposta; non solo mi ha fornito innumerevoli dettagli da studiare e approfondire per poi dirmi che non avevano alcuna importanza; ma sopratutto Lost ha fatto sì che io non possa più guardare nemmeno I Barbapapà senza notare ogni dettaglio che non torna e che non è perfettamente coerente, giustificato, consequenziale, plausibile (come il fatto che uno che si risveglia dal coma in un ospedale abbandonato dovrebbe avere una barba molto più lunga di quella e una fame nera). In ultimo, Lost per me è stato e forse resterà, nonostante tutto, la serie più bella di tutti i tempi e quindi ho una grande difficoltà a non fare paragoni ogni volta che mi accosto a qualcos'altro e a non guardarlo, almeno inizialmente, con sospetto. Questo purtroppo è un mio problema che cercherò di risolvere con l'aiuto di un bravo terapista.

Ma torniamo al risveglio. L'uomo guarda i fiori, poi si guarda intorno, è intubato e collegato a macchine che sembrano fuori uso. Si stacca tutto, esce dalla stanza ed inizia a vagare per i corridoi di un ospedale deserto e messo a soqquadro. Vagando vagando si trova di fronte una porta sulla quale è scritto con una bomboletta “Non aprite, morti all'interno”. La porta è sbarrata, ma si intuisce che dentro c'è qualcuno che gradirebbe uscire, spunta persino una mano brutta, ma brutta assai. Sono appunto i sopracitati morti che evidentemente sono anche un po' vivi. Il tizio se la fa sotto e, dopo angoscianti peripezie come cercare l'uscita nel buio totale delle scale di sicurezza con l'ausilio soltanto di qualche cerino e la paura che un cadavere animato gli si possa scagliare addosso dalla tromba delle scale, raggiunge il cortile dell'ospedale dove trova una distesa di cadaveri tutti belli sistemati in fila e avvolti nei loro lenzuoli. E qui mi sorge la prima domanda: i vivi sembrano aver abbandonato questi luoghi; degli zombie si agitano in una stanza dell'ospedale la cui porta è stata sbarrata; altri “normali” cadaveri sono stati messi in fila nel cortile dell'ospedale; perché questi ultimi non sono zombie e quelli dentro all'ospedale sì? E la stanza all'interno dell'ospedale è stata sbarrata perché dentro vi erano degli zombie o per paura che i morti all'interno lo diventassero? E perché invece altri morti sono stati abbandonati nel cortile dell'ospedale senza alcuna precauzione? Sono tutti ex zombie ai quali hanno sparato in testa visto che, come vedremo, questo è l'unico modo per annientarli definitivamente? Ma se avevano scoperto tale magagna, perché allora non hanno sparato in testa pure a quelli barricati dentro la stanza dell'ospedale?

Vabbè insomma, il tizio se ne va in giro in mutande in una città in cui non c'è anima viva e che sembra essere stata evacuata in fretta e furia, incontrando lungo il suo cammino mezzi dell'esercito abbandonati e schifezze varie, tra cui uno zombie senza gambe e una bicicletta. Arriva a casa sua, dove ovviamente non trova nessuno, si ferma un po' in giardino in preda alla tristezza, quand'ecco che sopraggiungono due individui vivi e vegeti, padre e figlio, che dopo averlo preso a palate in faccia si stupiscono del fatto che sappia parlare, cosa che gli zombie non sanno fare, e nel dubbio se lo portano nel loro rifugio.
Sorvoliamo pure sul fatto che in un mondo invaso dagli zombie, in cui le persone normali sono una rarità, eviterei di portarmi a casa un tizio bianco cianotico e con due discrete occhiaie vestito con la camicia dell'ospedale e avvolto in bende macchiate di sangue, ma vabbè, sorvoliamo.

Ora il fatto è questo, l'uomo che se lo porta a casa gli cambia le bende e gli fa un paio di domande. Tra l'altro gli chiede a cosa sia dovuta la sua ferita e se qualche zombie lo abbia morso o graffiato e lui? Lui risponde semplicemente “mi hanno sparato”. E basta. Senza specificare altro, come prevede il ben noto protocollo di sottili inganni, presente in ogni serie americana che si rispetti, secondo il quale è preferibile mantenersi criptici perchè al giorno d'oggi è bene restare riservati anche se siamo rimasti solo io e te e il resto del mondo è popolato dagli zombie! E quell'altro, che aveva fatto pure l'incazzoso specificando che lui faceva le domande e il comatoso doveva rispondere altrimenti le prendeva, mica gli chiede nulla. Non so per esempio: “Scusa sai, ma chi è stato a spararti che qui ci sono solo zombie che, a quanto ne so io, non sanno fare altro che muoversi come bradipi ed emettere versi sgradevoli?”. Ma sì, ma chi se ne frega se in giro c'è qualcun altro di vivo e vegeto che se ne va sparando ai pochi sani rimasti o se, ancora peggio, gli zombie hanno imparato a maneggiare le armi da fuoco. E al comatoso, da parte sua, non interessa approfittare del grande deretano che ha avuto nell'incappare in due brave persone chiedendo loro: “Scusatemi, ma io in verità non ci sto capendo un'emerita mazza. Tutto quello che so è che mi hanno sparato e mi sono da poco svegliato in un ospedale abbandonato. Vi dirò, credo di essere stato in coma per un certo lasso di tempo, vista una questione riguardante dei fiori secchi che però adesso non starò a spiegarvi. A proposito, che anno è? Che giorno è? Così mi calcolo rapidamente quanto tempo è passato. E toglietemi un'altra curiosità, com'è successa questa cosa degli zombie? E dove sono finiti tutti quelli normali? E quando è successo? Cosa dissero i telegiornali? Che ha fatto l'esercito? Esiste ancora un presidente? E il papa? Va bene che ci sono gli zombie, ma perché non funziona più nulla? Elettricità, gas e telecomunicazioni? Si è risvegliato qualche personaggio famoso? Tipo Elvis o Michael Jackson?”
Insomma, nessuno chiede niente, nessuno vuole ulteriori dettagli, ti svegli dal coma, ti ritrovi in un tale scenario e lo accetti così per quello che è senza fare nemmeno una domanda? Mi sta bene che magari la causa reale non la conosca nemmeno l'altro tizio, ma che la domanda venga posta mi sembra quantomeno doveroso. E il cibo a questi? Chi glielo dà?

Vabbè, comunque la puntata va avanti con diverse sparate in fronte a diversi zombie le cui cervella schizzanti sono, devo dire, vomitevoli e ben fatte, mentre il nostro ex comatoso protagonista attraversa scenari desolanti e angosciosi nel tentativo di raggiungere Atlanta, città in cui la situazione dovrebbe essere sotto controllo, ma che in realtà è sotto il controllo degli zombie. E lo sanno bene la moglie e il figlio del protagonista che nel frattempo, accampati alle porte della città con un altro paio di persone, discutono sull'eventualità o meno di mettere dei cartelli per avvisare i viaggiatori che Atlanta, oltre ad essere città d'arte e turismo, esonda di zombie immigrati. Con loro c'è anche il migliore amico e stimato collega, il quale da parte sua ha pensato bene che nessuno più di lui si meritasse di occupare i ruoli di padre e di marito appartenuti al protagonista e rimasti vacanti dopo il suo ferimento.
The Walking Dead è una serie in 6 puntate tratta dall'omonimo fumetto horror creato da Robert Kirkman e pubblicato nel 2003 dalla Image Comics(http://it.wikipedia.org/wiki/The_Walking_Dead). Insomma, questa prima puntata, nonostante le mie considerazioni di poco conto, è certamente ben fatta visto il tema trattato, nauseabonda e angosciante al punto giusto. Alcune scene devo ammettere che sono molto suggestive, come quella in cui il protagonista arriva a cavallo in un'Atlanta apocalittica ove crede di trovare la salvezza e invece trova orde di zombie manifestanti per le strade. Come nel fumetto da cui è tratto (al quale la serie sembra essere molto fedele) il tema centrale dovrebbe essere quello delle decisioni che l'uomo è disposto a prendere in una tale estrema situazione. Certo qualche spiegazione in più e un po' di curiosità verso l'eziologia del fenomeno da parte del protagonista li gradirei. Staremo a vedere, tanto sono solo 6 puntate quindi credo che le vedrò e forse le commenterò. Paura eh?

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

giovedì 14 ottobre 2010

La polvere non dura perché esistono le donne

Dopo Leroy Merlin torno a parlare di come alcune pubblicità riescano davvero a mostrare il nostro lato migliore rendendoci orgogliose di essere donne e grate per avere accanto a noi degli uomini tanto intelligenti, autonomi e utili come quelli ivi rappresentati. Nel caso di Leroy Merlin avevamo analizzato l'odioso compiacimento di quelle donne che trattano i loro fidanzati come ipodotati bamboli di pezza, facili da manovrare con poche abili mosse e la totale inutilità e assenza di capacità di reagire di questi ultimi.
Ora invece vorrei esaminare l'ultima pubblicità del nostro amatissimo Swiffer, il rivoluzionario sistema di pulizia che ha cambiato le nostre vite catapultandoci nel fantastico mondo delle leggi dell'elettrostatica. Sì, perché senza swiffer sarebbe davvero un mondo difficile. Abbiamo raggiunto la consapevolezza che prima del suo avvento la polvere la spostavamo soltanto, mentre adesso la catturiamo, il che equivale a dire che se prima potevi spostarla dal pavimento alla paletta e poi nel cestino, utilizzando solo due strumenti che compravi una volta e duravano anni, adesso devi comprare una pezza che poi dovrai buttare nel cestino con tutta la polvere che le si è aggrappata e poi ricomprarla e poi ributtarla e così via per l'eternità...
Dunque è vero che con l'avvento del nuovo secolo la voce “catturapolvere” è entrata di diritto nel foglio excel delle spese mensili delle famiglie italiane, ma è anche vero che certamente stiamo parlando di una di quelle invenzioni dalle quali non si torna più indietro, come il telecomando, i lines seta ultra e il formato mp3. Guardando il nuovo spot ho notato come, nonostante qui i ruoli uomo-donna siano praticamente invertiti rispetto alle nauseanti gag di Leroy Merlin, il fastidio che si genera in me sia quasi lo stesso medesimo.
Una bella ragazza è distesa sul divano in un momento di tranquillo relax. D'un tratto suonano alla porta ed ecco che il suo gentile e intelligente uomo si rende utile andando ad aprire lui per non rompere l'idillio di lei, che comprensibilmente starà guardando Uomini e Donne. Ma chi è che suona alla porta? Un problema! E non un problema qualunque, ma un enorme, grigio, lercio ammasso di polvere. E lui che fa? Lui non vuole nemmeno sentire che vuole questo essere immondo (che magari si è solo perso e ha bisogno di fare una telefonata), si volta verso di lei con aria rassegnata ma per niente dispiaciuta e con un certo sadico piacere negli occhi le dice: “Amore, è per te”. Come a dire “io non posso proprio fare nulla per questo signore, tesoro mio, perché di colpo ho dimenticato tutto il vocabolario e l'uso della sintassi, per cui mi vedo costretto a chiederti di alzarti dal divano a sentire che vuole prima ancora che io lo saluti. E poi, parliamoci chiaro, quello della polvere è un tuo problema, sei tu che non la vuoi e ci combatti ogni giorno, io potrei conviverci tranquillamente per cui è meglio che non mi intrometta. Inoltre fra poco ho la conference call con l'Amministatore Delegato. Sei tu l'addetta alle mansioni di basso profilo”. Lei si alza immediatamente, visibilmente scocciata. Ma mica per l'inettitudine, la svogliatezza e l'alterigia del marito. Macchè! Per l'invadenza della polvere, ovviamente, che non fa che spostarsi da una casa all'altra con la sua valigia da nomade scroccona.
A questo punto mi sorge spontaneo un suggerimento per il signor Procter e il signor Gamble: potremmo essere un po' più diretti e cambiare il claim del prodotto “La polvere non dura perché swiffer la cattura” con “La polvere non dura perché esistono le donne” che dite?



Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

mercoledì 22 settembre 2010

ÀTICILBBUP. Immaginarsi un brief guardando uno spot.

Un bel giorno il direttore marketing di una nota marca di dentifrici (il cui nome ricorda una celebre pianta aromatica e i denti) convocò una riunione di briefing con l'account della sua agenzia di comunicazione al fine di istruirlo per il lancio di un nuovissimo prodotto. Ecco come si svolsero i fatti.

Direttore marketing: «Ciao, buongiorno come va? L'altra sera ho conosciuto una persona che ti conosce, ma veniamo al dunque. Sai bene della nostra trentennale esperienza nel creare mondi che non esistono, ovviamente sempre coadiuvati dalla prorompente creatività di voi pubblicitari. Come sai il nostro lavoro è quello di prendere del dentifricio (che più o meno è sempre lo stesso miscuglio di ingredienti assemblati in un ordine ogni volta diverso), creargli intorno una bella confezione che lo faccia spiccare tra gli altri e sopratutto dargli un nome che sia memorabile, accattivante e al passo con i tempi. Questo per dirti, ovviamente lo sai già ma non fa mai male ripeterlo, che il nostro core business sono le scatolette di cartone colorate, i tubi di plastica possibilmente iridescenti e i nomi.
Fatta questa indispensabile premessa, oggi ci prepariamo ad affrontare una nuova sfida. Si tratta del lancio di un prodotto innovativo nella cui confezione e nel cui nome abbiamo messo anima e corpo. Il prodotto in questione si chiamerà "antiage". Una scelta assolutamente geniale. Infatti mai come oggi è stato di moda essere antiage, almeno quanto negli anni 90 era di moda essere newage. Ora, quando ci siamo ritrovati a dover pensare al brief da sottoporvi per il lancio del prodotto, il nostro stagista, laureato alla Bocconi con 110 e lode, master in marketing e comunicazione all'Università di Chicago e specializzazione in scatolette di cartone, tubi di plastica e nomi, ha avuto una fantastica intuizione: “Visto che abbiamo scelto questo nome tra infinite possibilità, perché non puntiamo tutto proprio sul nome per la campagna pubblicitaria? Così, semplicemente.” L'idea ovviamente è piaciuta subito ed eccomi qui oggi per proporvi questa interessantissima sfida creativa. In pratica noi vorremmo uno spot incentrato sul concetto di antiage, le caratteristiche del prodotto potete inventarle voi. D'altra parte mica possiamo fare tutto. Abbiamo messo il dentifricio nel tubo di plastica iridiscente e gli abbiamo dato un bel nome, ora tocca a voi. Come vedi si tratta di un modo piuttosto nuovo di fare comunicazione in cui il vostro diventa un ruolo fondamentale.»


Account: «Benissimo, ti invio qualche proposta per la prossima settimana. Come hai detto che si chiama questa persona che dice di conoscermi?»

Tornato in agenzia l'account convoca subito una riunione per briffare i creativi.

Account: «Dunque c'è questa nuovo tubo iridiscente in una nuova confezione di cartone e con un nuovo nome. Il nome, che deve essere anche la parola chiave della campagna, è “antiage”. Il nostro compito è quello di realizzare uno spot che metta in evidenza le caratteristiche principali del prodotto puntando proprio sul nome.»

Copy: «Ok, quali sono le caratteristiche principali?»

Account: «Ah non ve l'ho detto... Dobbiamo pensarle noi. Per esempio, ve la butto lì, trattandosi di un prodotto antiage per i denti potremmo dire che rallenta il processo che fa ritirare le gengive.»

Copy (tra sé e sé): «Cacchio questa è buona. Me la segno.»

Account: «Ah, vi dico un'altra cosa che nel brief non troverete, ma che ho intuito tra le pieghe del discorso che mi ha fatto il cliente. Al tipo piace la newage. Magari tenetelo in considerazione. Non è assolutamente una sua esplicita richiesta, per cui se vi viene in mente un modo per inserire questo concetto bene. Altrimenti non fa nulla. Buon lavoro ragazzi.»

A questo punto l'art e il copy cominciano con il brainstorming.

Art: «E se inventassimo un supereroe che armato di spazzolino e al grido di “antiage!” combatte i radicali liberi...?»

Copy: «No, non mi viene il titolo per questa. Facciamo una cosa più semplice. Una giovane ragazza che a fine spot scopriamo essere una mamma!»

Art: «Interessante, però scusa esistono molte giovani ragazze che sono anche mamme. Voglio dire, potrebbe essere una ragazza madre no?»

Copy: «Ma che c'entra. A noi ci serve per creare un originale equivoco, tipo che viene scambiata per una delle ragazze del figlio adolescente.»

Art: «Una delle ragazze? Perché quante ne ha?»

Copy: «Non saprei, ma mi immagino la battuta "c'è una delle tue ragazze..." Ahahah!»

Art: «Ahahah. Ok, mi hai convinto! Dimmi allora, come ti immagini la scena?»

Copy: «Interno giorno. In una moderna casa moderna, tutta luce, positività e spensierata adolescenza, 3 o 4 regazzetti nel vigore e nel fiore dei loro anni si sollazzano a suon di youtube e videogames, quando tutto d'un tratto suonano alla porta. Dopo un nano secondo di suspance uno di loro apre la porta ed ecco che compare una giovane trentenne di sana e robusta costituzione con ricci fluenti e firmati Afef che, con un tono di voce simile a quello che aveva quando a 16 anni parlava con i suoi compagnucci di classe, esclama: “Ciao, scusa c'è Luca?”
E qui viene il bello! Il bellimbusto si reca sicuro nella cameretta dei sollazzi e dice semplicemente come se fosse cosa da tutti i giorni: “Hey Luca, c'è una delle tue ragazze!”»

Art: «Ahahah forte. Però due cose: primo, nella realtà la giovane ragazza tenderebbe a specificare subito “Ciao, sono la mamma di Luca. E' qui?”; secondo, credo che un ragazzo normale tornerebbe dagli amici sghignazzando con la bava alla bocca e dicendo cose tipo: ”Oh, Luca c'è una bella gnocca che ti cerca, ma dove le trovi tutte queste? Perché ti cerca, chi è? Dove si compra?”»

Copy: «Ma è proprio qui l'originalità. Dai su è una pubblicità! Un po' di fantasia... Credi forse davvero che la potenza sia nulla senza il controllo?”

Art: «Beh... sì.»

Copy: «Ok, si scusami ho fatto l'esempio sbagliato... Comunque a me così non dispiace.»

Art: «Si ok va bene così, anche perché alle 18.30 devo andare che ho un appuntamento. Immagino che comunque alla fine Luca sopraggiunga sulla porta ed esclami sopreso e anche un po' stizzito: “Ma Mamma!”»

Copy: «Esatto! Siamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda io e te!»

Art: «E le caratteristiche del prodotto?»

Copy: «Vabbè, non dimentichiamoci che abbiamo ancora una settimana di tempo. Intanto comunque ne ho già una. Poi magari se nel dentifricio c'è il potassio mi invento qualcosa sul fatto che anche i denti hanno la memoria. Ah no scusa quello era il fosforo... Vabbè dirò che i denti sono come le banane.»

Il giorno seguente la coppia creativa presenta l'idea all'account:

Copy: «E qui finisce lo spot.»

Account: «Ok ma.... dov'è la newage?»

Copy: «Ma nel brief non c'era.»

Account: «Ok, ma io vi avevo chiesto un riferimento alla newage.»

Copy: «Ok. Ma nel brief non c'era.»

Tutto ciò è frutto di pura fantasia. Spesso in pubblicità si dice che la prima idea è la migliore. Diciamo pure che in questo caso sembra proprio che la prima idea sia andata in onda. Un'idea basata su una semplicissima equazione: una donna viene scambiata per la fidanzata di suo figlio solo perché sulla porta non cerca di suo figlio ma di un generico Luca. Per dare ancora più enfasi Luca diventa un playboy e lei “una delle sue tante ragazze”. Infine, la sconvolgente rivelazione finale: Luca è il figlio della donna = la giovane donna ha ancora un sorriso giovane e questo la porta ad essere spesso scambiata per “una delle ragazze” che quotidianamente pedinano suo figlio fin dentro le case dei suoi amici. Oppure, se preferite, la gravidanza non le ha fatto cadere i denti. In ogni caso il dentifricio fa il suo. Per onestà vorrei concludere dicendo che durante uno dei miei esperimenti al supermercato (quelli in cui vado a verificare quali sono i prodotti che attecchiscono sulla mia persona) sono stata completamente soggiogata dalla scatoletta di cartone che spiccava tra tutte le altre, dal tubo iridescente e dal nome accattivante e al passo con i tempi di quel dentifricio della stessa marca di cui sopra (quella che ricorda la pianta del mojto e i denti) che porta il nome di whitenow. Dentifricio che attualmente utilizzo mattina e sera e dopo i pasti, per minimo 3 massimo 5 minuti, come raccomandato dai dentisti (italiani, perché quelli stranieri non lo so cosa raccomandano).

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

venerdì 9 luglio 2010

LA MIA NUOVA SFIGA IN CAMPAGNA


Può una persona “portare sfiga”, influenzando negativamente le situazioni della vita, con la sola sua presenza? Non so, può certamente metterci tutta sé stessa per riuscirci. Può cioè trascorrere i suoi giorni a ricordarti continuamente che la sfiga esiste ed è sempre pronta a colpire, deprimendoti e contribuendo senz'altro, se non a far in modo che le cose vadano storte, quantomeno a far sì che tu le veda così. Una persona del genere esiste. Il suo nome è George Clarke, il tizio col fard che conduce l'incommensurabile trasmissione “La mia nuova casa in campagna”. Mi rassicura scoprire quanti “matti”, in questa vita tutta chiacchiere e facebook, decidano di lasciare le loro casette a schiera e i loro lavori, degradanti ma remunerativi, per trovarsi quattro mura scrostate in una campagna inglese qualsiasi in cui spendere tutti i soldi che non hanno per il loro sogno bucolico di ausufficienza tra i ravanelli e lo sterco di vacca. Mi fa pensare che se dovesse girarmi potrei farlo pure io. Entrerei così a far parte di quell'esercito di uomini e donne che ogni giorno combatte contro le iatture propagate da George Clarke. Gente che rischia investendo i suoi soldi e la propria salute fisica e mentale perché vuole seminare l'insalata e vuole riuscire a farlo improrogabilmente entro Natale.
In una puntata una povera donna era talmente esaurita dal suo continuo avanti e indrè tra il suo lavoro, che aveva mantenuto per pagare la ristrutturazione, e la casa in costruzione tutta ravanelli e sterco, che si era schiantata con la macchina contro un palo perché, assorta nelle sue problematiche, aveva perso la concentrazione durante la guida. Ne era uscita incolume e sconvolta.
In un'altra un povero uomo sulla trentina, che aveva al suo attivo già due infarti, continuava a lavorare senza sosta per sistemare da solo una casa di tre piani, dormendo sì e no tre ore per notte. La moglie era preoccupatissima e lui bianco cianotico e tisico.

Ecco come Sky descrive la trasmissione di Discovery Real Time: "La mia nuova casa in Campagna segue le vicende di chi vuole abbandonare la vita di tutti i giorni per costruirsene una nuova in campagna. Ma non si tratta semplicemente di scambiare piccoli appartamenti di città con tranquilli cottage di campagna - (vuoi ripetere un'altra volta la parola “campagna”?) - : queste coppie hanno intenzione di creare le loro nuove abitazioni mettendo in pratica i loro progetti di restauro e modernizzazione. L’architetto George Clarke li accompagna in tutte le fasi fornendo loro esperti consigli e il supporto morale di cui le famiglie necessitano quando si trovano a dover superare vari ostacoli per poter finalmente iniziare a vivere nelle loro case dei sogni."

E menomale che ci sono i suoi esperti consigli e il suo supporto morale. A me sembra che l'architetto George Clarke arrivi come un picchio a intervalli regolari, con i suoi occhi di ghiaccio, il sorriso da orsetto del cuore, il fard e i suoi esperti consigli (che avrebbe potuto dare prima che queste persone facessero di testa loro), enunciando memento mori e foschi presagi a gente esaurita che da 6 mesi vive in una canadese in giardino: “la situazione non è molto cambiata dall'ultima volta. E voi vorreste trasferirvi per Natale? Avete già speso così tanto? Mike, come pensi di fare a portare avanti il lavoro da solo? Hai già avuto due infarti. Non hai pensato di contattare qualcuno che possa darti una mano? Certo costerebbe dei soldi che dovresti sottrarre al vostro già risicatissimo budget che siete lì lì per superare. Il tetto non è ancora finito. Certo potrebbe andar peggio, potrebbe piovere.”
Come si fa a lavorare in questo modo? A tentare di coronare il proprio bucolico sogno con un uomo che mensilmente ti viene a parlare di fondamenta, mentre tu sognante ammiri lo specchio che sei appena riuscito a montare nel tuo bagno che ancora non esiste? Immagino queste persone, intente nel loro cambiamento di vita, che ricevono la telefonata che gli preannuncia l'arrivo di George Clarke. Li immagino mentre si gettano sale alle spalle, si fanno il segno della croce, inveiscono contro di lui, si toccano. Poi indossano il loro sorriso migliore e al suo arrivo rispondono con esso a tutte le brutture che lui, sempre sorridendo, gli va ad elencare.
Ogni puntata però termina sempre con il lieto fine. Arriva il giorno in cui George Clarke va a fare la sua ultima visita. Mentre si aggira nei dintorni della casa comincia con il suo report finale: “l'ultima volta che sono stato qui, un mese fa, Mike era bianco cianotico e tisico e stava rischiando il suo quarto infarto a soli 35 anni. Aveva appena cominciato ad abbattere l'unico muro che era riuscito a costruire, perché il comune gli aveva negato il permesso. Dal tetto colava slimer e il pavimento gli stava crollando sotto i piedi. Mary era immersa nella melma fino alle ginocchia per l'esplosione delle fogne, non si era ancora decisa tra lo stile country e il vittoriano e aveva un gran mal di testa. Le loro risorse economiche erano allo stremo e i debitori gli stavano alle calcagna. Andiamo a vedere se sono riusciti a compiere il miracolo”. Arriva davanti alla casa, suona e Mike e Mary gli aprono in un tripudio di ordine, vasi di fiori, odore di vernice fresca e con lo stesso sorriso con cui hanno annuito per mesi in risposta ai suoi anatemi. Lui sconvolto comincia: “Wow, non ci posso credere. Un mese fa qui era tutto melma, slimer e probabili infarti... E guardate ora! Tu Mike hai perfino messo su 500 grammi e tu Mary, che faresti bene a perderli, vedo che non ti sei mai decisa infine tra il country e il vittoriano, ma hai trovato un ottimo compromesso tra i due stili. Come ci siete riusciti? Le vostre finanze erano esaurite ed eravate già pesantemente indebitati...”

“E' stata dura, ma ce l'abbiamo fatta. Per quanto riguarda le nostre finanze stiamo stringendo la cinghia, è vero. Certo non navighiamo nell'oro, ma siamo ripagati dal fatto che ogni giorno ci svegliamo, guardiamo questa casa e ci ripetiamo 'cavolo! Questa casa è nostra, l'abbiamo fatta noi ed è fantastica! Siamo riusciti a realizzare la casa dei nostri sogni, in tutto il suo mix di stile country e vittoriano, ravanelli, sterco di vacca e nostante quel menagramo portasfiga di George Clarke!”

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

mercoledì 7 luglio 2010

L'ultimo bacio 2. La disdetta.

Ho due domande per Gabriele Muccino. Ma vediamo, perché potrebbero diventare 3, 4, addirittura 5.
Ieri sera ho visto Baciami ancora.
Intanto, mi dispiace, ma proprio non riesco ad accettare, pur trattandosi di finzione scenica, che uno dei personaggi protagonisti continui a chiamarsi Giulia e ad essere la stessa che era nel primo film, cambiando completamente i connotati del suo volto come accade in Beautiful (dove hanno oltrepassato ogni limite destabilizzando lo spettatore con ben tre facce di Thorne). Se qualcuno viene a dirmi che non è importante, perché il lavoro di attore consiste proprio in questo e cioè nell'immedesimarsi completamente in un personaggio e bla, bla, bla, io gli rispondo: ok, allora facciamoglielo fare ai Teletubbies il film, che tanto sono attori pure loro e saranno certamente ugualmente credibili. No, non ci sto!
Oltretutto non stiamo parlando di un remake ma del sequel di un film del 2001, non del 1936. Sarebbe stato di gran lunga più credibile se avessero giustificato il tutto con una cosa tipo questa: “Ciao Giulia, vedo che i risultati dell'operazione di chirurgia plastica cui ti sei sottoposta a causa dell'icidente che hai avuto quando, mentre eri isterica e parlavi troppo veloce (a causa di uno dei miei tanti tradimenti), ti è scoppiata la vena della fronte squarciandoti la faccia, migliorano di giorno in giorno. Prima somigliavi alla Mezzogiorno, ora a Elisa di Rivombrosa. Direi che non possiamo lamentarci, trattandosi comunque di due discrete figliole. L'importante è che adesso la vena della fronte che ti si gonfiava in fronte non ce l'hai più!”

Dunque la prima domanda è questa: perché?

La seconda è: perché nei tuoi film ci sono sempre un sacco di Giulie e di Valentine? E perché prediligi il suono della R, associato a quello della S, della T e della doppia C tanto da aver scelto, per ben due dei tuoi sette film (Come te nessumo mai e Ricordati di me), di utilizzare come cognome della famiglia protagonista in un caso Ristuccia e nell'altro Restuccia? Immagino che sia a causa del simpatico e accattivante suono romano di quella doppia CC e sopratutto della fine in “UCCIA”, che fa molto famiglia della zona Trieste con una casa piena di libri e i figli trasandaparioli col motorino sgarrupato.

Ma la domanda che più mi attanaglia dal giorno in cui vidi per la prima volta un tuo film è la seguente: perché tutti i tuoi personaggi parlano come se avessero appena espulso la milza dalla bocca correndo i diecimila metri? Perché sussurrano ansimando come se qualcuno gli avesse appena staccato un respiratore? Perché deglutiscono e singultano e poi ricominciano ad ansimare, ma stavolta urlando e dialogando a una velocità tale che mi fa pensare che da qualche parte stia per suonare un gong a indicare che il tempo a loro diposizione è scaduto? Perché capisco una parola su quattro? Forse perché appunto prima sussurrano e allora io alzo, ma poi si mettono a strillare e allora abbasso? Ma perché devo metterci lo stesso impegno di quando guardo un film in lingua straniera? Ma non è che la gente penserà che a Roma siamo tutti così? Perché mi deve venire la tachicardia e devo avere problemi ad addormentarmi? No cioè guarda non va proprio bene adesso tu mi stai a sentire hai capito? Perché te non hai proprio capito, hai capito? Guarda mi fai venire l'agitazione, mi mi mi mi sento soffocare! Adesso tu prendi le tue cose e te ne vai hai capito? E non ti fai rivedere mai più hai capito? Ah ah ah (sto ansimando)... sei un bastardo, ti odio HAI CAPITO???? (sto urlando). Ti è venuta l'ansia? Di la verità dai.

Comunque, dato che non mi aspetto nessuna risposta da te, sarò io a sussurrarti ansimando un segreto: la gente comune non parla tutta come te e tuo fratello... Cioè magari qualcuno sì, per carità, ma mi pare strano che in questo gruppo di amici e conoscenti da te rappresentato si siano trovati proprio tutti quelli che parlano in questa bizzarra maniera. Comunque mi sei simpatico e hai il mio massimo rispetto, se non altro perché come te nessuno mai mi provocò tanta ansia con un film. Salutami Santamaria (pace all'anima sua) e Favino, che anni fa di tanto in tanto vedevo aggirarsi nel dipartimento di Storia dell'Arte da me frequentato all'Università La Sapienza, e che comunque con la sua interpretazione è stato in grado di farmi sorridere in più di un'occasone, tra un attacco di panico e l'altro. Salutami anche l'Impacciatore che è brava. I due protagonisti principali invece non me li salutare, tanto saranno impegnati a tradirsi reciprocamente per aumentare la loro autostima, utilizzando come vittime sacrificali i loro poveri e inconsapevoli amanti che verranno puntualmente scaricati al grido sussurrato e ansimante di “scusami, ma volevo solo vedere l'effetto che faceva e al contempo far rosicare un po' mia moglie/mio marito e sentirmi un tipo dalla vita tormentata. Siamo fatti per stare insieme noi due, tutti gli altri non contano niente. E come avrai certamente capito fra questi 'tutti gli altri' ci sei anche tu. Ciao.”

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

mercoledì 16 giugno 2010

DATEMI UN MARTELLO... di Leroy Merlin

Due soggetti, tipici esponenti della “coppia moderna”, lui ormai non più un ragazzino, lei lo stesso, decidono di andare a vivere insieme prima di concretizzare un progetto matrimoniale che è comunque nei loro piani. Sono Fabio e Giulia, i protagonisti dello spot radio di Leroy Merlin, che io appenderei al muro con due stop alle orecchie per poi trapanarli, seviziarli con la pistola per la colla a caldo, scartavetrarli, usarli come persiane e se serve anche come mobili da giardino (ho deciso di sorvolare sul dove gli metterei il cacciavite). Mentre li detestavo sono finita per caso in un blog il cui nome è “Magicamente Carina e Coccolosa” dove la blogger scrive: “Forse l'ho già accennato, ma una delle mie pubblicità preferite è quella radiofonica de Leroy Merlin quella con Giulia, l'arredatrice psicopatica compulsiva, e Fabio, il povero fidanzato che sopporta. Vi ricorda qualcuno? No, vero?” dunque la ragazza si immedesima in Giulia e questo mi ha aiutata a capire come mai nel blog, parlando del suo di fidanzato, lo chiamasse Coso...
Senz'altro superfluo stare adesso a evidenziare la notevole differenza, facilmente deducibile già dai nomi dei nostri blog, che passa tra il mio approccio e quello di questa ragazza che comunque stimo e saluto. Per quanto riguarda lo spot io direi piuttosto che si tratta di una delle pubblicità che più ho detestato nella mia insignificante vita. Sì proprio lei, quella radiofonica con Giulia, la dispotica rompicoglioni che evidentemente svolge una professione che non la appaga a sufficienza ed è quindi costretta a gratificarsi comprando maniglie per le porte e trattando il fidanzato come un demente, e Fabio che oltre a farsi trattare come un demente spesso dimostra anche di esserlo con i fatti. Lei ha una voce tanto bella quanto fastidiosa in questo contesto, come fastidioso è il modo in cui pronuncia il nome del fidanzato “FA'biò”, quasi a volerci insistentemente far notare (a noi, gente del centro-sud che ascolta la radio) che “FA'biò” si scrive con una sola “b” e lei per sicurezza lo pronuncia con mezza. Lui è intelligente come il guscio di una cozza, tanto da farsi fregare quasi sempre con lo stesso giochetto: “FA'biò chiudi la porta!” - “Ma non abbiamo una porta...” - “Allora finalmente lo hai capito che ci serve? Stupido idiota! I tuoi genitori hanno anche dei figli normali? Adesso tira fuori i soldi e portami da Leroy Merlin! Ho voglia di una porta! E di una quindicina di maniglie diverse per la suddetta che tu cambierai ogni 12 del mese. Muoviti!”
C'è da dire che il mio odio per questi due soggetti risale a parecchio tempo fa, la prima edizione di questi spot è infatti del 2008, e che con il tempo qualche mente illuminata deve aver capito che i dialoghi fra i due rischiavano di diventare come carta igienica vetrata: a lungo andare molto irritante. Infatti hanno smussato lievemente l'arroganza di Giulia e la deficienza di Fabio (che adesso ogni tanto sceglie una maniglia anche lui e riesce persino a prevedere alcuni dei subdoli tranelli lessicali di lei). Fra l'altro Fabio ha chiesto a Giulia di sposarlo e questo deve aver placato per un po' le brame di maniglie del mostro, almeno finchè non capirà che le serve un figlio e di conseguenza delle nuove maniglie rosa o azzurre. Tanti complimenti al copy, visto che non importa se bene o male ma l'importante è che se ne parli. Io continuerò a detestarli per sempre e per sempre preferirò Brico e Ikea a Leroy Merlin.

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp

venerdì 4 giugno 2010

I SOLITI IGNOBILI PROGRAMMI


-->
C'è già “Affari Tuoi", paccottiglia televisiva con protagonisti i pacchi, vero e proprio pacco più volte insinuato da Stiscia e facilmente insinuabile viste le dinamiche del gioco, ma qui ci vuole veramente tanto impegno e dedizone per riuscire a pensare a una trasmissione che sia più pacco della trasmissione che dei pacchi rappresenta il trionfo.
Almeno "Affari Tuoi" è palesemente tutta una questione di sedere, cioè tu ti siedi e inizi a dare i numeri abbinati ai nomi delle regioni d'Italia (così, tanto per aggiungere un po' di pepe) e rosichi per il modo in cui il presentatore sfrutta il suo ruolo di potere andando a vedere prima di te e di tutti i telespettatori il contenuto del pacco scelto, per poi guardare in camera per 20 secondi con quella faccia "io lo saprò sempre prima di voi, perchè IO posso guardare nel pacco..." mentre noi restiamo lì, irritati e contenti.
C'è poi l'annosa questione "scelgo il 2 perché è il giorno in cui è morto nonno”. Ma perché nonno dall'aldilà dovrebbe facilitarti nel mondo proprio nel momento in cui gli stai ricordando il giorno della sua morte? E come fa a capire che la sua riconoscenza dovrà manifestartela facendoti trovare nel pacco non 500 mila euro, ma bensì una forbice? Secondo me gli chiedi troppo.
Insomma "Affari Tuoi" di regole non ne ha, è il mercante in fiera, alla fine consiste tutto in quel sedere lì e vedere che succede intramezzando il tutto con la descrizione del tuo tenore di vita e di quanto avresti bisogno dei soldi che malignamente ti sta offrendo quel medico dall'altra parte del telefono.
Per I Soliti Ignoti invece la questione è volutamente e inutilmente molto più complessa. Infatti lo spacciano per gioco di intelligenza e ragionamento e tu ci sprechi pure la fatica, ma in realtà è BUGIA. Il concorrente ha davanti a se 10 esseri anonimi ai quali deve abbinare 10 “identità/mestieri” e più tale identità risulta improbabile abbinata all'essere anonimo, più i soldi che vinci sono tanti. Ovviamente di norma viene chiamato fra i primi il personaggio più scontanto, tipo Mal dei Primitives da associare all'identità “cantante di Furia Cavallo del West” e fin qui ok. Una volta che il concorrente avrà dato la risposta e subito prima di sapere se è corretta l'amico Frizzi svelerà il valore dell'identità e si va avanti così, chiamando esseri anonimi da associare a mestieri/identità in un ordine prestabilito dagli autori. Se sbagli perdi tutto, ma per non incappare in questo inconveniente potrai sempre avvalerti di 3 inutili indizi che se non ci fossero sarebbe lo stesso. Infatti 2 di questi sono cose tipo “Ho i capelli tinti”, “Mio figlio è gay”, “Ho uno zio pensionato a Bologna” il terzo suggerisce effettivamente qualcosa che il più delle volte può essere applicato a qualsiasi professione dal netturbino all'ingegnere nucleare, tipo “A volte devo prendere decisioni”. Aggiungiamoci il fatto che spesso l'ingegnere viene vestito come un manovale e il netturbino invece è in doppiopetto ed ecco che abbiamo un intreccio ingarbugliato di regole inutili il cui risultato è sempre lo stesso, ossia tutta una questione di sedere. Anche se qui il concorrente sta in piedi.

Ti piacque? Ricevi gli aggiornamenti di TELEmiqp