lunedì 23 maggio 2011

DI MILO IN PEGGIO. L'Infante sul 2.

Milo, un nome che mi fa pensare a un gatto o ai due cuori per la pallavolo “Mila e Shiro” che quasi tutti abbiamo, almeno una volta nella vita, chiamato erroneamente “Milo e Shira”.
Un nome... ed una faccia, ultimamente sempre più color carloconti con la differenza che il color carloconti, che Carlo Conti ha faticosamente ottenuto sotto l'influsso di ripetute lampade, sul Milo viene riprodotto attraverso una mistura di fondotinta, fard e terra rossa campodatennis che lo rendono un incrocio tra il cadavere truccato di Week end con il morto e un maestro di sci della Val Gardena.
Una faccia... e le sue grandi narici che si dilatano con soddisfazione ogni qualvolta emette frasi illuminanti o toccanti o sorprendenti e lo sottolinea scuotendo un poco il capo come a dire: “Noooo? Non vi sembra anche a voi? E' chiaro che se Michele è uscito di casa alle 13 e 27 non può aver avuto il tempo di comprare il pane, mettere l'acqua sul fuoco, calare 1Kg di pasta, dei quali 950 grammi per la moglie e la figlia e 50 per lui, sparecchiare, lavare i piatti, asciugarli e poi riposarsi sulla sedia a sdraio della cucina su cui pare dormisse anche di notte... No? Non sembra anche a voi? Altrimenti dobbiamo pensare che tutto quello che abbiamo detto fino ad ora non sono altro che mere illazioni fondate sul nulla dette tanto per chiacchierare da gente che viene qui perché non ha voglia di lavorare.”
Come è potuto accadere, mi domando, che questo ex uomo qualunque, anche un po' impacciato, abbia potuto trasformarsi in questa figura mitologica metà conduttore e metà PM dal volto rovente paonazzo, che annienta i suoi rivali spruzzando fumo dalle sue enormi narici come un novello Drago Pulisan? Con spietata veemenza egli sovrasta la voce dei suoi inviati e dei suoi ospiti aumentando gradualmente e inesorabilmente il volume e la velocità del fraseggio, incurante di loro e del pubblico a casa che a stento riesce a decifrare il discorso. Auguriamoci poi che non accadano inghippi o inconvenienti durante la diretta, altrimenti Il Milo, ove altri si limiterebbero a scusarsi e proseguire, manifesterebbe tutta la sua insofferenza verso chi lavora dietro le quinte con acide frecciate volte a far intendere che in fondo la trasmissione potrebbe portarla avanti tranquillamente da solo, invece di lavorare circondato da incompetenti e ritardati.
Tale mostro mediatico trae nutrimento dalle disgrazie e sofferenze altrui, in particolare va ghiotto di sparizioni e ritrovamenti di cadaveri. Egli trae forza e nuova linfa ad ogni nuovo particolare svelato, interrogatorio trapelato, intercettazione ambientale intercettata ed ogni qualvolta viene pronunciata la parola “DNA”. Così accade che egli si fomenti e che inebriatosi della sua stessa esaltazione finisca col confondere nomi di vittime e presunti carnefici e allora lo sentiamo chiamare Sara Sabrina e Sabrina Sara (d'altra parte entrambi i nomi cominciano per “Sa”) e poi Sara Yara e Yara Sara (perché, sai com'è, tutti e due finiscono per “ara”) e nessuno gli dice niente, tanto chi se ne frega, se semo capiti lo stesso.
A dargli manforte una folta schiera di esperti in disgrazie e un esercito di nientologi di spicco: il direttore di giornale attempato, il direttore di giornale giovane, la psicologa bella, la psicologa brutta e la moglie di Collovati, regina del buon senso e del “è così che si vive, che si pensa e che si fa: ossia come facciamo io e mio marito.” Tale Milomutazione è avvenuta in concomitanza con la mutazione di tutta la prima parte del pomeriggio di Rai2 che d'un tratto si è trasformato in Chi l'ha visto.
Ringraziamo il cielo che nella seconda parte, quando Milo finito il suo spazio si chiude in camerino a cibarsi di carne umana, subentra la bravissima Caterina Balivo. Degna discepola della D'Urso, dalla quale ha appreso le due mosse segrete per trasformarsi all'occorrenza in donna dalla sensibilità spiccata (ossia l'arte di far convergere le sopracciglia e quella di scoprire l'arcata dentale inferiore), essa completa il pubblico servizio portando finalmente nelle nostre case un serio e preparato professionista che parla con gli angeli.
E così, subito dopo pranzo, impariamo quanti minuti occorrono per soffocare qualcuno e, all'ora del caffè, come comunicare con questo qualcuno una volta morto. D'altra parte la vita non è fatta solo di referendum sul nucleare, elezioni amministrative e bollette da pagare, esiste anche la morte violenta ed è giusto ricordarlo.


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martedì 17 maggio 2011

CHE BRUTTE TESTE GATTO


Oliviero Toscani come Vasco Rossi: l'uno, nonostante scriva canzoni dal testo “eh beh, eh già, vabbè, più su, più giù, son qua...”, continua ancora ad essere condiviso su facebook (tra l'altro ascoltando il suo ultimo singolo, dal discutibile titolo Manifesto futurista della nuova umanità, avrete come la sensazione che qualcuno vi stia infilando un cavatappi nelle orecchie per stapparvi il cervello); l'altro va dai cinesi a carnevale, compra quattro maschere brutte, le mette a 4 corpi nudi, tisici, di due o tre colori diversi, che si toccano anche un po' e ha dato vita ad un'immagine provocatoria che visto che non si capisce bene cosa voglia effettivamente pubblicizzare allora forse mi sa che è tipo arte.
La verità è che non si può partire da un “per te”, “non te lo aspettavi eh”, “eccola qua”, “chi lo sa”, “eeeeeeeeeee”, “ehi?... ooh Toffee.” e arrivare ad una serie di parole o versi (e non intendo poetici), di al massimo due sillabe, possibilmente accentati sull'ultima vocale, da utilizzare indistintamente per tutta l'ultima parte della propria carriera.
A maggior ragione, non si può decidere di fondare l'immagine di una marca di abbigliamento su fotografie d'autore dal tono provocatorio, atte a stupire e far riflettere su temi scottanti che poco e niente hanno a che vedere con l'abbigliamento o la marca in sé, e decidere di declinare questa strategia (all'epoca vincente, originale e innovativa) più o meno così com'è, un po' su tutto, dal detersivo per il cesso al cibo per i cani.
Senza considerare la discutibile scelta che fa molto “volantino che pubblicizza la ferramenta qua sotto”, ossia quella raccapricciante aggiunta di una lettera (preferibilmente di altra font e altro colore in modo che si capisca bene, ma proprio bene bene) affinché una parola diventi una sorta di neologismo/parola composta al cui interno risulti il nome della marca in questione. Sui puntini di sospensione poi... sospendo il giudizio.
Per cui scherza Toscani, ma non toccare i cani e, visto che il troppo stroppia e “aLmore” is too much, con l'aggiunta delle lettere ti consiglio di stare calmo...


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mercoledì 4 maggio 2011

EH BRAVA GIOVANNA, CARA LA NOSTRA PENNELLESSA

Ormai lo conosciamo da anni, il viscido marito in vestaglia che si affaccia nel signoril terrazzo per supervisionare la consorte che, aiutata da Giovanna, vernicia allegramente di un incomprensibile verde una gigantesca gabbia per uccelli (ops, chiedo scusa).
Con lei la Giovanna, arrampicata su di essa con un piede solo e la gambetta piegata all'indietro, comodamente vestita in tenuta da lavoro (ossia crestina, reggicalze e deretano), risponde con lo sguardo ammiccante all'intelligente domanda di lui: “Cosa state facendo?”
(E che non lo vedi? Te sei svegliato mo, guarda che qui è già da ore che si è in piena attività!)
Sto verniciando (vestita di seta bianca e con le perle al collo) e Giovanna (la ragazza che l'altra notte hai tolto dalla strada per offrirle un lavoro onesto in casa nostra) mi aiuta.”
Giovanna fa un birichino e pericolosissimo cenno di saluto con il capo che potrebbe farla irrimediabilmente sbilanciare. Lui la guarda e colpito le dice: “Brava Giovanna (che vernici)” e poi ripete: “brava (che sei riuscita a non cadere, nonostante quel birichino cenno di saluto con il capo).”
Poi la moglie sorride ammiccante al marito, che sorride ammiccante a Giovanna, che sorride ammiccante portandosi un dito alla bocca (certamente per controbilanciare il peso della sua precaria postura e non per ammiccare ulteriormente a chicchessia, come potrebbero pensare i maliziosi).
Il tutto si conclude dunque con gli sguardi e i sorrisi ammiccanti dei tre, che nel frattempo si interrogano su quanto ancora ci vorrà perché il Fernovus si asciughi, permettendo loro di utilizzare la maxi-gabbia per le acrobazie sessuali di cui di lì a poco saranno protagonisti.

Ma il mondo di oggi cambia in fretta e se un'azienda vuole restare al passo con i tempi anche gli spot devono cambiare.
Oggi la signora ha capito che verniciare non fa per lei, per cui si limita a guardare gli altri che lo fanno, mentre lei è intenta a sorseggiare il suo caffè e ad indossare le perle. Il marito vestaiolo, terminata la carriera di alzatore di sopracciglia, ormai non è che una voce proveniente dalla camera da letto, dove passa le giornate a vegetare in preda alla nostalgia del passato e a domandare insistentemente, come un disco rotto, se “è tornata Giovanna”. La moglie, paziente, gli dà sempre la medesima risposta: “Certo, sta verniciando.”
La signora, con il marito ridotto in questo stato e avendo capito che oltre a Giovanna ci sono anche tanti bravi giovinotti assai abili con il pennello (ops... chiedo scusa), ne ha assoldati ben due.
Ma la Giovanna anche si è evoluta, infatti, oltre ad aver subìto un trapianto di faccia e capelli, ha anche intelligentemente capito che per determinate mansioni è più opportuno indossare nu jeans, na majietta e le scarpe antinfortunistica. La ragazza, aiutata dai due aitanti giovinotti, vernicia il cancello della signoril magione sorridendo ammiccante a destra, a sinistra, in alto, in basso, fino a creare una danza al suono del jingle “Brava giovanna, bravaaaa” in cui, in una specie di quadriglia, Giovanna e la signora sfilano ammiccanti, trionfanti e sorridenti tra i due baldi e riverenti giovini (N.B. quello a destra). Tutto questo mentre i quattro aspettano che il Fernovus si asciughi, permettendo loro di utilizzare il cancello per le nuove acrobazie sessuali di cui saranno di lì a poco protagonisti, eccezion fatta per l'ignaro marito vaneggiante, che dalla sua stanza continuerà a chiedere, senza peraltro ricevere risposta, se è tornata Giovanna.
È evidente la grande sensibilità del signor Saratoga nei confronti di importanti questioni come la parità dei sessi o le nuove tipologie di famiglie allargate e “alternative” di oggi. Siamo infatti passati da una Giovanna cameriera sexy a una Giovanna tuttofare in hot pants. Sopratutto, siamo passati da un normalissimo, ma piuttosto retrogrado, menage a trois a una relazione specchio della libertà dei tempi moderni, in cui la moglie lascia perdere il marito per intrattenersi con Giovanna e i giovanotti, in un equilibrato e politicamente assai più corretto 2 contro 2.


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